Secondo la “Relazione annuale al Parlamento sullo stato di attuazione e l’impatto di policy a sostegno di Start up e PMI innovative” elaborata e pubblicata nel 2023 dal Mimit (Ministero delle imprese e del made in Italy), a fine 2022 le startup innovative erano 14.264 unità, in aumento del 1,4% rispetto all’anno precedente.
Il loro tasso di crescita fra il 2018 e il 2023 è stato del 46,6%.
Le startup innovative, iscritte alla sezione speciale del Registro delle imprese – rilevazione 2 ottobre 2023 – sono risultate pari a 13.756, in calo del 3,6% (-508 unità) rispetto al 31 dicembre 2022.
Le PMI innovative sono invece aumentate (2.658 secondo la rilevazione effettuata al 1° ottobre) + 8,1% rispetto al 2022.
Nel quadro complessivo dell’Innovazione, per quanto riguarda i settori di attività economica, la distribuzione delle imprese è la seguente:
- Il 39%delle startup innovative è attiva nei “servizi di informazione e comunicazione” (software, consulenza IT ecc.),
- il 25% nelle attività professionali, scientifiche e tecniche, il 14,1% nel manifatturiero.
Le startup occupano più di 23.800 persone: oltre 2.300 mila in più rispetto al 2021 (+10,8%).
Il valore della produzione delle startup innovative è di 2,06 miliardi di euro.
Le startup a prevalenza femminile sono a livello nazionale solo il 12,5% del totale, ossia 1700.
A livello geografico, il 35% circa delle startup innovative è localizzato nell’Italia Nord-occidentale, in particolare in Lombardia (27,6% sul totale nazionale), seguita dal Lazio (12,8%) e dalla Campania (9,9%).
Dal punto di vista economico, si tratta soprattutto di microimprese che rispetto alla precedente misurazione precedente vantano un valore medio della produzione notevolmente aumentato, passando da circa 152.142 euro a 254.472 euro.
Importante il ruolo della Campania, che ospita quasi 1.500 startup innovative.
La Regione Campania, in particolare, si sta caratterizzando negli ultimi anni come un modello territoriale di sviluppo e crescita delle start up innovative.
Il Bando Campania Startup 2023, scaduto lo scorso luglio, ha ricevuto più di 900 proposte, con l’obiettivo di sostenere progetti di Innovazione e aumentare la competitività del sistema produttivo regionale.
Un risultato incredibile che conferma la dinamicità del tessuto imprenditoriale e di una politica virtuosa e visionaria.
Le startup dello Space Tech crescono
Il valore delle startup italiane dello Space Tech continua a crescere ed ha raggiunto un valore di oltre 1 miliardo di euro nel 2023, superando i valori del 2022.
Tuttavia, l’Italia rimane al quarto posto in Europa per numero di startup di tecnologia spaziale, dietro Regno Unito, Francia e Germania.
La maggior parte delle startup italiane nel settore Space Tech, sostenute dal venture capital, opera nel settore del downstream. Un ruolo chiave è svolto dai fondi del PNRR, soprattutto nella Missione 1, che dedica la maggior parte degli 1,49 miliardi di euro disponibili alla componente di Osservazione della Terra. Questi fondi sono destinati a settori in crescita, come i trasporti e l’agricoltura, contribuendo anche alla lotta contro il cambiamento climatico.
Importante anche il ruolo svolto dagli ESA BIC (Business Incubator Centers) che offrono consulenza strategica, incentivi finanziari, supporto tecnologico per lo sviluppo dei prodotti e servizi e consentono accesso diretto a una larga parte di partner industriali, scientifici, finanziari.
Gli incubatori del network ESA BIC continuano ad espandersi in Italia. Oltre all’ESA BIC Lazio e Torino, nel 2023 si sono aggiunti anche incubatori a Milano, Padova e Brindisi con un focus sempre maggiore sulla creazione di un ecosistema per lo sviluppo delle tecnologie spaziali (fonte: ESA BIC Turin e ESA BIC Milan).
Tra i programmi più rilevanti per la crescita delle startup italiane nel settore spaziale, va ricordato il programma Space It Up, avviato nel 2022 dall’Agenzia per la promozione all’estero (ICE) e dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), in collaborazione con la Space Foundation. Questo programma mira a favorire il dialogo tra attori italiani e statunitensi, grazie anche a uno spazio collaborativo fisico e digitale (“phygital”), che facilita incontri tra imprenditori e innovatori del settore.
Oltre agli aspetti positivi, emergono criticità sullo sviluppo e crescita delle startup italiane innovative ed in particolare in quelle del settore spaziale.
L’Italia è ancora in ritardo nel campo dei finanziamenti: si colloca all’undicesimo posto in Europa con una raccolta di 92 milioni di euro nel 2023, rispetto ai 5,6 miliardi raccolti da Regno Unito, e al miliardo della Germania e della Francia.
L’Italia dispone di due fondi di Venture Capital specificatamente dedicati alle start up della Space Economy.
Il primo Space Fund, attivo dal 2020 e gestito da Primo Ventures, ha una dotazione di 86 milioni di euro e si rivolge a start up in fase seed ed early stage, con investimenti che variano da importi minori fino a 5 milioni per aziende più consolidate. Si focalizza su settori della New Space Economy come infrastrutture spaziali e tecnologie abilitanti. Finora ha investito 33 milioni di euro in 12 start up.
Da annoverare l’iniziativa Galaxia, il fondo avviato nel 2023 da CDP Venture Capital con l’obiettivo di sostenere oltre 30 nuove imprese con 30 milioni di euro in 4 anni.
Alcune considerazioni
L’attrazione degli investimenti deve diventare la priorità per lo sviluppo dell’ecosistema nazionale.
Innanzitutto, deve cambiare la cultura delle startup nel mondo finanziario istituzionale.
Va sicuramente ripensato il modo con cui ci si accosta al mondo startup e vanno ripensati i metodicon cui esse si finanziano e si supportano.
Attualmente solo Banca Intesa San Paolo ha emesso strumenti finanziari interessanti (si veda Nova +) per l’avvio di start up e progetti innovativi con particolare attenzione al settore spaziale.
Nel 2022 è stata finanziata la start up Space Factory con una dotazione di 2 milioni di euro per l’industrializzazione di un satellite con capacità autonoma di rientro dallo Spazio.
Risulta inoltre anche una partecipazione dell’istituto a Space X, un segnale importante che sicuramente favorirà l’avvio di altre iniziative simili.
Ma è solo una goccia nell’oceano rispetto a quanto avviene a livello internazionale.
È importante notare che quasi tutte le “startup italiane” che superano la fase di avvio (circa 10%), si affermano nel mercato internazionale o vengono acquisite dai colossi.
Il mondo bancario difficilmente le supporta, tantomeno le istituzioni, sia nazionali sia regionali.
Le prime richiedono garanzie, fidejussioni personali dei soci; le seconde richiedono dati di bilancio difficilmente raggiungibili da una start spaziale dove prodotti/tecnologie/servizi necessitano anni di investimenti in ricerca e sviluppo.
I tempi di gestione di un bando richiedono spesso diversi anni, così come l’erogazione degli anticipi e stati di avanzamento.
Tempi troppo lunghi rispetto ad un mondo in continua e rapida evoluzione.
Mancano infine momenti concreti di networking, di interazione tra le istituzioni e gli investitori, sia pubblici sia privati.
Sarebbe auspicabile avviare al più presto, con il contributo di ASI e del Piano Spaziale Nazionale, insieme alle istituzioni nazionali e regionali, coinvolgendo le associazioni di categoria di settore e distretti industriali, un piano strutturato di road show; ciò al fine di favorire sinergie tra potenziali interventi, sia pubblici sia privati, su programmi nazionali strategici.
In definitiva quello di cui abbiamo bisogno è una chiara Politica industriale delle Start up e PMI in generale e del Settore Spaziale in particolare.
L’investitore privato ha bisogno di un quadro di riferimento a livello paese che gli permetta la corretta valutazione del rischio. La mancanza di questo riferimento non facilita lo sviluppo di una cultura del Venture Capital in Italia.
Si parla inoltre insistentemente delle opportunità di inversione del “Paradigma” relativo alla catena del valore delle attività spaziali. Il che, in sintesi, significa partire dall’ultimo anello della catena del valore, vale a dire il mercato, che è quello che rende concreto il termine “Economy” associato a “Space”.
L’investitore, infatti, guarda al mercato; quindi, guarda ai servizi e applicazioni, che, a ritroso, hanno bisogno dei satelliti e dei relativi lanciatori.
Le imprese, in verità, si stanno muovendo, come si vede dai numeri, ma hanno difficoltà a crescere, il che le rende meno attraenti per l’investitore.
Non sono problemi semplici, ma per cominciare a lavora ad un superamento delle criticità si deve partire da una maggiore interazione tra le istituzioni del settore e gli investitori, sia pubblici che privati, al fine di realizzare un vero “ecosistema attrattivo” per il Venture Capital.
Conclusioni
Il 2023 ha rappresentato un anno chiave per le start up italiane, con una crescita nei finanziamenti e nelle joint venture che ha aperto porte a nuove opportunità di innovazione e sviluppo, in particolare nel settore del Space Tech. Rimanendo focalizzati su settori emergenti e sfruttando la collaborazione con attori di diversa natura, le start up italiane delle tecnologie e servizi per lo spazio possono continuare a guidare il cambiamento e a rafforzare l’ecosistema imprenditoriale del paese.